2019 ESC Guidelines on chronic coronary syndromes. More shadows than lights
Il 31 agosto 2019 sono state pubblicate le nuove linee guida (LG) della Società Europea di Cardiologia sulla cardiopatia ischemica cronica, che sostituiscono la precedente edizione del 2013. Nei sei anni intercorsi fra le precedenti e le attuali LG, la ricerca scientifica non ha prodotto sostanziali nuove evidenze, tanto che il documento attuale appare un update piuttosto che una nuova edizione delle LG.
Le LG 2013, anche se contraddittorie per molti aspetti, hanno segnato una svolta epocale nell’interpretazione della cardiopatia ischemica cronica, in quanto per la prima volta nella sua patogenesi sono stati considerati “not only atherosclerotic coronary narrowings, but also microvascular dysfunction and coronary vasospasm”. Questo spirito innovativo, dettato dalle evidenze disponibili, non è stato mantenuto nelle LG 2019, in cui invece in molti passi traspare una opposta tendenza di ritorno al passato, suggellata da frasi come “chronic coronary syndromes are defined by the different evolutionary phases of coronary artery disease”.
Il termine che è stato proposto per denominare questa entità nosologica, chronic coronary syndromes (CCS), a rimpiazzare lo storico stable coronary artery disease, appare di fatto la novità più rilevante delle attuali LG. In realtà, la natura sindromica della cardiopatia ischemica cronica, per la patogenesi multifattoriale e per la multiforme espressività clinica, non è una novità, ma è nota da molte decadi. Purtroppo, a nostro avviso, con il termine “sindromi coronariche croniche” viene perpetuato lo storico equivoco che confonde la cardiopatia ischemica con una delle sue cause, cioè la malattia coronarica (coronary artery disease – CAD).
In realtà, l’incapacità a considerare la cardiopatia ischemica e la malattia coronarica due entità ben distinte e separate, traspare fin dall’inizio in questa edizione delle LG, laddove viene ribadito che la presentazione clinica della CAD può essere una sindrome coronarica acuta (ACS) o una sindrome coronarica cronica e vengono proposti sei scenari clinici di classificazione delle CCS: 1) pazienti con sospetta CAD e sintomi anginosi stabili; 2) pazienti con scompenso o disfunzione cardiaca e sospetta CAD; 3) pazienti con sintomi stabilizzati < 1 anno da una sindrome coronarica acuta o da una rivascolarizzazione; 4) pazienti > 1 anno da una sindrome coronarica acuta o da una rivascolarizzazione; 5) pazienti con angina e sospetta malattia vasospastica o microvascolare; 6) soggetti asintomatici in cui CAD è accertata casualmente con esami di screening. Questi ultimi due punti meritano una ulteriore disamina. Infatti, l’angina vasospastica o microvascolare non è uno scenario clinico particolare di presentazione della cardiopatia ischemica, ma una delle molteplici cause della malattia, spesso indistinguibile dalla classica forma sostenuta da coronaropatia ostruttiva. Per quanto riguarda il secondo punto, è indispensabile sottolineare che la coronaropatia asintomatica ha una elevata prevalenza nella popolazione generale (40-60%), che aumenta con l’età e non identifica necessariamente pazienti con cardiopatia ischemica silente. È chiaro che la focalizzazione del documento sulla coronaropatia piuttosto che sulla ischemia cardiaca ha delle conseguenze inevitabili sulla interpretazione fisiopatologica, diagnostica, prognostica e terapeutica.
Nelle LG 2019 viene opportunamente proposto di sostituire la probabilità pretest (PTP) di CAD, basata su età, sesso e natura dei sintomi, con un concetto molto più ampio di “clinical likelihood of CAD”, che tenga in considerazione anche i molteplici fattori di rischio in grado di agire come modificatori della PTP. E’ infatti chiaramente ribadito, ma non sufficientemente ponderato, che la PTP di coronaropatia ostruttiva raggiunge i valori massimi del 52% in maschi ultrasettantenni con sintomi tipici, risultando quindi insufficiente ad identificare con accettabile potere predittivo i pazienti affetti da cardiopatia ischemica, soprattutto nel sesso femminile dove i corrispondenti valori di PTP sono nettamente più bassi (27%).
Una particolare attenzione è rivolta alla selezione dei test non invasivi per la diagnosi di CAD. La scelta del test dovrebbe prima di tutto basarsi sulla probabilità clinica di coronaropatia. Sia i test funzionali di imaging per la ricerca di ischemia miocardica sia la TC coronarica (CCTA) sono considerati test di classe I (ma non è specificato il livello di evidenza) per la diagnosi di CAD: la CCTA è preferita in caso di probabilità medio-bassa di malattia, i test funzionali in caso di probabilità medio-alta. Il test da sforzo, considerato in classe I dalle LG 2013 per la diagnosi iniziale di CAD nei pazienti con PTP intermedia, è stato retrocesso dalle attuali LG in classe IIb quando utilizzato per la diagnosi di malattia, peraltro senza una puntuale disamina delle evidenze in proposito e senza tenere in seria considerazione le conseguenze organizzative di tali raccomandazioni, soprattutto nelle strutture dove l’accesso ai test di imaging e alla CCTA non è agevole o immediato.
Le attuali LG dedicano particolare attenzione al ruolo della CCTA, sia dal punto di vista diagnostico, sia per il suo ruolo predittivo, non solo in caso di coronaropatia ostruttiva, ma anche per la possibilità di intercettare i pazienti con aterosclerosi subclinica. Viene in particolare sottolineato l’ottimo po-
tere della CCTA di escludere (rule-out) una coronaropatia, superiore ad altri test non invasivi, conservando una ottima capacità di accertare (rule-in) la CAD.
Purtroppo, nessuna analisi critica tratta della profonda differenza fra i test funzionali, rivolti alla ricerca di ischemia e, quindi, alla diagnosi di cardiopatia ischemica, rispetto ai test anatomici, rivolti alla diagnosi di malattia coronarica. Quest’ultima, come è noto, è presente solo nel 40-70% dei pazienti con cardiopatia ischemica accertata e in una percentuale simile di soggetti senza ischemia documentabile ed è assente nel 30-50% dei pazienti con ischemia documentabile. Solo brevemente viene asserito nelle LG che l’imaging funzionale per la ricerca di ischemia è raccomandato se la CCTA ha evidenziato una coronaropatia di incerto significato funzionale o ha fornito risultati non diagnostici. Noi però ci chiediamo come possa una coronaropatia avere di per sé un significato funzionale certo o incerto, se si ricorda che nell’uomo la severità delle stenosi coronariche ha una correlazione imprevedibile con la limitazione del flusso coronarico.
Nessuna novità è contenuta nelle LG 2019 riguardo le indicazioni alla coronarografia, che continua ad essere raccomandata (classe I) nei pazienti con alta probabilità clinica di CAD, in presenza di angina tipica a bassa soglia o resistente alla terapia medica, e quando la valutazione clinica e i test non invasivi sono indicativi di un alto rischio di eventi. Così come nelle LG ESC 2018 sulla rivascolarizzazione miocardica, la stima del significato funzionale della stenosi è raccomandata prima della rivascolarizzazione, ad eccezione di stenosi serrate (> 90%). La gestione appropriata degli stili di vita ed una terapia medica ottimale (OMT) per la prevenzione degli eventi ed il trattamento dell’angina/ischemia continuano ad essere fortemente raccomandati dalle LG attuali, così come nella precedente edizione, in ogni paziente con sospetta cardiopatia ischemica. La rivalutazione della risposta alla terapia è ritenuta obbligatoria nei pazienti sintomatici, prima di ogni decisione sulla rivascolarizzazione.
Purtroppo, anche le attuali LG ESC 2019, così come le precedenti edizioni, le LG americane ed un documento di consenso italiano, continuano ad adottare una rigida strategia per step nella scelta e nella gestione della terapia anti-ischemica, considerando betabloccanti o calcioantagonisti i farmaci di prima linea, a cui associare diidropiridine e nitrati longacting in caso di insuccesso (seconda linea), oppure ivabradina, ranolazina o trimetazidina in caso di inefficacia o intolleranza (terza e quarta linea). Questa strategia denota: 1) nessuna sensibilità finalizzata ad adattare la terapia antianginosa ai molteplici meccanismi ischemici del singolo paziente; 2) nessuna evidenza scientifica che supporti le raccomandazioni delle LG, in quanto nessuna evidenza ha mai dimostrato la superiorità di una classe di farmaci antianginosi rispetto ad altri; 3) nessuna considerazione per le molteplici comorbidità dei pazienti con cardiopatia ischemica, che dovrebbero invece condizionare un approccio terapeutico personalizzato, sfruttando le caratteristiche peculiari di ciascun agente farmacologico e le proprietà di associazione.
Nonostante l’assenza di differenze sostanziali rispetto alle precedenti edizioni, le LG 2019 raccomandano indicazioni meno restrittive alla rivascolarizzazione nei pazienti con CCS, basandosi sui risultati di un trial recentemente pubblicato (estensione a 5 anni del follow-up del trial FAME 2) e su due metanalisi. In realtà, il follow-up a 5 anni del
FAME 2 ha semplicemente confermato l’assenza di benefici dell’angioplastica guidata da FFR rispetto alla terapia medica nei confronti di mortalità e incidenza di infarto. Delle due metanalisi, una molto recente ha evidenziato un rischio ridotto di infarto miocardico nei pazienti trattati con angioplastica. Tuttavia, i due terzi dei pazienti inclusi in questa matanalisi provenivano da trials che hanno valutato il trattamento di lesioni non colpevoli in pazienti con STEMI, quindi una popolazione molto diversa dalla cardiopatia ischemica cronica. La metanalisi di Windecker del 2014 è ad oggi l’unica evidenza di superiorità della rivascolarizzazione chirurgica o con stent di nuova generazione sulla terapia medica, con tutti i limiti tuttavia rappresentati dalla sua natura, cioè una Bayesian, network meta-analysis. Altre, più autorevoli metanalisi, hanno costantemente dimostrato l’assenza di benefici della rivascolarizzazione rispetto alla terapia medica nei pazienti con cardiopatia ischemica cronica.
In conclusione, questo nuovo documento della Società Europea di Cardiologia appare più un aggiornamento di modesta portata che una nuova edizione delle precedenti LG sulla cardiopatia ischemica cronica. Non solo vi mancano sostanziali novità, per l’assenza di nuove evidenze scientifiche nella ricerca degli ultimi anni, ma vi si respira a tratti la tendenza ad un pericoloso ritorno al passato.