Anticancer drugs and venous thromboembolism


Farmaci antitumorali e tromboembolismo venoso
Roberta Pancani, MD, PhD; Alessandra Pagano, MD; Marta Lomi, MD;
Elisabetta Casto, MD; Sara Cappelli, MD; Alessandro Celi, MD, PhD
Centro Dipartimentale di Biologia Cellulare Cardiorespiratoria
Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica dell’Università di Pisa e Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana

Abstract

Studi di popolazione hanno evidenziato un incremento dell’incidenza di tromboembolismo venoso (TEV) nei pazienti neoplastici in corso di trattamento con farmaci antitumorali. Sono state condotte ricerche cliniche allo scopo di chiarire il possibile ruolo di singoli agenti antitumorali nella modulazione del rischio di TEV, riscontrando fra essi alcune differenze. Gli studi disponibili presentano diversi limiti: non consentono un confronto diretto tra molecole poiché gli schemi di trattamento si basano generalmente su combinazioni di farmaci e spesso per ricavare dati su una singola molecola è necessario estendere lo studio a tumori di tipologie, sedi o comportamento biologico differenti; inoltre è probabile che alle differenze riscontrate contribuisca un rischio di TEV già di per sé aumentato nei pazienti in fase avanzata di malattia. Una possibile strategia per limitare l’incidenza di TEV potrebbe essere quella di sottoporre i pazienti oncologici in trattamento antitumorale a profilassi antitrombotica primaria. Per tale profilassi non esiste attualmente una raccomandazione solida, in virtù di dati contrastanti, sia sulle terapie con eparine frazionate che con farmaci anticoagulanti orali diretti (DOAC), sul rapporto fra il beneficio in termini di prevenzione degli eventi tromboembolici sintomatici ed il rischio di sanguinamenti maggiori o clinicamente rilevanti. L’introduzione in commercio di inibitori del fattore XIa, dei quali sono in corso studi di fase 2, potrebbe modificare lo scenario attuale.
Un problema che sta acquisendo rilevanza sempre maggiore è quello delle possibili interazioni farmacologiche fra i farmaci anticoagulanti orali e i farmaci antitumorali. In questo senso, l’utilizzo dei DOAC può essere vantaggioso rispetto a quello degli inibitori della vitamina K, nonostante una potenziale maggiore difficoltà nel controllo delle interazioni, qualora presenti, dovuta al fatto che il dosaggio plasmatico dei DOAC non viene normalmente sottoposta a monitoraggio. Le interazioni fra i DOAC e i farmaci antitumorali sono state ipotizzate sulla base dell’azione su molecole coinvolte nella farmacodinamica di entrambe le categorie di farmaci, quali la glicoproteina-p (P-gp) o il citocromo CYP3A4; pur non essendo mai state studiate in vivo, è necessario prendere in considerazione la possibilità di tali interazioni nella pratica clinica. Alcune opportunità per affrontare il problema sono rappresentate dal dosaggio plasmatico dei DOAC e dalla somministrazione dei due farmaci in momenti il più possibile lontani nella giornata.

Parole chiave: Chemioterapici; Tromboembolismo venoso; Profilassi antitrombotica; Interazioni farmacologiche; DOAC.

Abstract

Population studies have shown an increased incidence of venous thromboembolism (VTE) in neoplastic patients undergoing treatment with anticancer drugs. Clinical research have been carried out in order to clarify the possible role of individual anticancer agents in modulating VTE risk, finding some differences among them, even within the same class. The available studies have several limitations: they do not allow for direct comparisons between molecules because treatment regimens are generally based on drug combinations, and often to derive data on a single molecule it is necessary to extend the study to tumors having different types, sites, or biological behavior; moreover, it is likely that an already increased risk of VTE in patients with advanced disease is contributing to the differences found. One possible strategy to limit the incidence of VTE in cancer patients could be to administer prophylactic antithrombotic therapy to patients undergoing cancer treatment. There is currently no solid recommendation for such prophylaxis, due to conflicting data on both fractionated heparin and direct oral anticoagulant drug therapies concerning the relationship between the benefit in terms of preventing symptomatic thromboembolic events and the risk of major or clinically relevant bleeding. The introduction of factor XIa inhibitors, of which phase 2 studies are under way, could change the current scenario since these drugs appear to have very limited side effects. An issue that is gaining increasing importance is the possibility of drug-drug interactions between oral anticoagulant drugs and anticancer drugs. In this sense, the use of direct oral anticoagulants may be advantageous over that of vitamin K inhibitors, despite a potentially greater difficulty in controlling interactions, if any, since the functional activity of DOACs is not normally monitored. Interactions between DOACs and anticancer drugs have been hypothesized because of their action on molecules involved in the pharmacodynamics of both categories of drugs, such as glycoprotein-p (P-gp) or cytochrome CYP3A4; although they have never been studied in vivo, the possibility of such interactions must be considered in clinical practice. Some opportunities to address this problem include blood dosing of direct anticoagulants and administration of the two drugs at times as far apart in the day as possible.

Key words: Anticancer drugs; Venous thromboembolism; Antithrombotic prophylaxis; Pharmacological interactions; DOACs


 

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