Letter to the Editor


Lettere al Direttore
La gestione ospedale-territorio del paziente con scompenso cardiaco: la malattia e il malato
Franco Cosmi
Cardiologia Cortona (AR)

Nell’ottimo articolo di Guarnaccia e coll. “La gestione ospedale-territorio del paziente con scompenso cardiaco”, pubblicato sul numero 2/2019 di Cardiologia Ambulatoriale, viene affrontato l’annoso problema della gestione dei tanti pazienti affetti da scompenso cardiaco ed il migliore utilizzo delle risorse disponibili, sia umane, che tecnologiche e strutturali. Le conclusioni però sono amare: “i problemi alla base di questo processo sono noti da tempo: mancanza di personale, strumentazione spesso non disponibile (specialmente a livello territoriale), direzioni sanitarie spesso assenti; tutto ricade sul paziente, che a volte deve far fronte a liste di attesa anche superiori ai 5 mesi”. È una amarezza giusta e realistica.

Io volevo esporre un ulteriore problema, che ritengo centrale nella buona e corretta gestione di qualsiasi paziente, ma a maggior ragione del paziente scompensato: la relazione medico-paziente. Nessun percorso diagnostico terapeutico-assistenziale, nessuna linea guida, nessun team interdisciplinare, nessuna considerazione scientifica può prescindere dal delicato rapporto personale medicopaziente; nessun modello di medicina amministrata o burocratica può sostituire la medicina interpersonale. Il punto centrale è che il paziente si deve fidare del medico e questa fiducia si acquisisce se si abbinano buona comunicazione, empatia e individuazione nominale dello specialista e non con una mera prestazione come può essere quella strumentale o quella basata esclusivamente sulla corretta ma impersonale applicazione delle linee guida, giustificata da necessità di osservanza giurisprudenziale.

La comunicazione, nella relazione interpersona-

le, è fondamentale tanto è vero che anche nelle disposizioni anticipate di trattamento (Legge 219 del 2017), il tempo di comunicazione viene definito come “tempo di cura”. Nelle amare conclusioni dell’articolo bisogna aggiungere quindi anche la mancanza di tempo per la necessaria comunicazione nella gestione di casi complicati. I pazienti scompensati spesso sono anziani e malandati e le loro famiglie hanno mille problemi (sociali oltre che sanitari) per la gestione del loro congiunto. Il tempo complessivo di una visita associata ad una prestazione strumentale in questo tipo di pazienti, se realmente vogliamo mettere in atto una relazione interpersonale efficace, non possono essere i 15-20 minuti concessi dal CUP.

Altro problema è quello della individuazione nominale dello specialista. Una turnazione anonima e vorticosa di specialisti che occasionalmente e rapidamente valutano il paziente, facendo una prestazione migliore possibile, può anche andare bene per la cura della malattia ma senz’altro non del malato. Se si vuole creare una relazione medico-paziente efficace occorre che l’individuazione dello specialista che prende in carico un determinato paziente sia nominale e non lasciata al caso. In altre parole occorre il cardiologo di fiducia, oltre il medico di medicina generale di fiducia. Mi rendo conto che raggiungere questo scopo è difficile, però probabilmente è imprescindibile. Se il paziente, al posto del suo preferito Dr. Guarnaccia trova un altro specialista, diventa subito diffidente ed insoddisfatto, con una possibile riduzione della aderenza terapeutica ed aumento della inerzia clinica. Magari con

il tempo potrà anche apprezzare l’altro medico ma intanto non gradirà il servizio prestato.

Le reti cliniche integrate e strutturate della Regione Toscana possono essere una risposta in tal senso, ma in un tempo di aumento della domanda e riduzione dell’offerta la realizzazione pratica è difficile. Nella nostra realtà cerchiamo di supplire con la buona volontà mediante una “integrazione telefonica nominale” tra paziente (o familiare), medico di medicina generale, cardiologo di riferimento. E’ un modello che funziona ma non sempre è esportabile soprattutto se si tratta di aree metropolitane.

L’articolo e soprattutto le conclusioni possono

essere di stimolo alle autorità regolatorie per cercare di contenere la medicina amministrata e burocratica che, con i suoi snodi spesso incomprensibili e talvolta indecifrabili, tanto peregrinare causa a pazienti che di tutto hanno bisogno, tranne quello di peregrinare. La mera prestazione disgiunta dal rapporto di fiducia genera ulteriori prestazioni in una spirale infinita di medicina spersonalizzata. Bisognerebbe far comprendere agli amministratori che è meglio un medico Pegaso, pensatore che agisce in base a scienza, professionalità ed umanità piuttosto che Sisifo, faticatore, dispensatore di inutili prestazioni per soddisfare bisogni spesso irrazionali.

Leggi la risposta degli editori……..


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