The tale of the Naked King, that is coronary angioplasty after the ORBITA trial
Mario Marzilli
U.O. Cardiologia Universitaria. Dipartimento Cardiotoracico e Vascolare, Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana. Pisa
Presentazione
di Ettore Antoncecchi e Enrico Orsini
Il 2 Novembre 2017 sono stati pubblicati su Lancet on-line i risultati dello studio ORBITA. Questo studio, destinato a diventare un landmark trial della letteratura scientifica, completa e conferma dopo molti anni le evidenze già emerse da studi che hanno fatto la storia della cardiopatia ischemica, come il COURAGE, il BARI-2D e il FAME-2.
Dopo 40 anni da quando Andreas Gruntzig ha praticato la prima angioplastica coronarica, la comunità cardiologica ritene- va di aver definitivamente accertato che questa terapia, nonostante non sia in grado di migliorare la prognosi dei pazienti con cardiopatia ischemica stabile, ne migliora significativamente la qualità di vita, se confrontata con la terapia medica.
Dopo 40 anni però, e dopo milioni di procedure eseguite, i cardiologi si sono accorti che la letteratura scientifica sull’angioplastica coronarica è stata viziata da un pregiudizio primordiale, che costituisce la prima regola alla base della metodologia della ricerca: la mancanza di controllo, in cieco con placebo, dei risultati emergenti dal trattamento. In altre parole nessuno studio ha mai confrontato l’angioplastica coronarica con il placebo, con metodologia in cieco o doppio cieco, in ogni campo di applicazione fra cui la cardiopatia ischemica stabile. E’ come se oggi la comunità scientifica dovesse accettare i risultati delle ricerche farmacologiche emergenti da trials condotti in aperto e senza controllo con placebo.
Rasha Al-Lamee e coll., ricercatori dello studio ORBITA, consapevoli di questo bias primordiale, hanno genialmente concepito un trial che ha permesso di confrontare in doppio cieco l’efficacia dell’angioplastica coronarica con il placebo, in pazienti con angina stabile trattati mediante terapia medica ottimale. Per far ciò hanno “blindato” la possibilità di riconoscere il braccio di trattamento (cioè di distinguere tra procedura effettiva o procedura placebo), ricorrendo ad una metodologia ingegnosa comprendente la sedazione e l’isolamento acustico del paziente durante la procedura, la doppia tera- pia antiaggregante ad entrambi i bracci, una identica relazione di dimissione per tutti i pazienti. ORBITA è un trial dalle dimensioni modeste (appena 200 pazienti) e con follow-up breve (6 settimane), ma è stato disegnato con una metodologia rigorosa. Ognuna delle 200 coronarografie è stata pubblicata, per documentare l’assenza di vizi di randomizzazione.
I risultati di ORBITA, il primo trial in doppio cieco, confrontato con placebo, nella storia dell’interventistica coronarica, hanno purtroppo demolito anche l’ultimo mito a favore dell’angioplastica, cioè la sua presunta superiorità nei confronti della terapia medica sulla qualità di vita, dimostrando invece che nei pazienti con angina stabile e coronaropatia severa, l’angioplastica non è in grado di migliorare la tolleranza allo sforzo e la sintomatologia anginosa rispetto al placebo.
I ricercatori di ORBITA hanno concluso il loro lavoro con un monito che sa quasi di derisione verso i 40 anni di letteratura scientifica alle spalle: “L’efficacia delle procedure invasive può essere stimata con il controllo del placebo, ugualmente a quello che è lo standard per la farmacoterapia”. Come a dire che tutta la letteratura scientifica va buttata nel cestino e rifatta daccapo. Non è un caso che David Brown e Rita Redberg abbiano intitolato il loro editoriale di commento al trial ORBITA: “L’ultimo chiodo sulla bara per la PCI nell’angina stabile?”.
Cardiologia Ambulatoriale pubblica in questo numero per i suoi lettori un editoriale di Mario Marzilli, uno dei maggiori esperti internazionali sulla cardiopatia ischemica, per commentare il significato e la portata dei risultati del trial ORBITA. Il titolo dell’editoriale è quanto mai significativo, perché introduce immediatamente il lettore verso l’unica chiave di interpretazione dei risultati: “La favola del Re Nudo, ovvero l’angioplastica coronarica dopo lo studio ORBITA”. Anche l’ultimo velo immaginario di cui si credeva vestito il Re si è dissolto, così come l’angioplastica nell’angina stabile.